Carlo Scarpa, Architetto
Un architetto Veneto
La formazione e l'esperienza figurativa di Carlo Scarpa nascono dall'ambiente veneto - dal paesaggio diremmo oggi, se non fosse una parola molto consumata - da quella trama di relazioni che lega territorio, architettura, arte, lavoro dell'uomo.
La laguna, i paesi, le colline e le montagne del Veneto sono stati i riferimenti per Scarpa che ha sempre dichiarato un attaccamento al territorio, riconoscendovi le proprie radici e i propri riferimenti culturali e materiali.
Un architetto solitario
Un architetto solitario, è stato detto, un architetto ridondante nelle scelte, duro con se stesso e schivo con chi gli stava accanto nella realizzazione dei progetti. Una durezza necessaria a evitare ogni distrazione, ogni debolezza che lo distogliesse dal compiere il proprio impegno: soddisfare pienamente la creatività che possedeva attraverso un rigido processo esecutivo, un metodo rigoroso che non ammetteva interferenze, se non quelle delle proprie sensazioni e delle proprie certezze.
Attenzione maniacale ai dettagli in fase progettuale
In questa completa solitudine, in questa volontà più volte dichiarata di non voler compromettersi con le esperienze dell'architettura a lui contemporanea o di non voler seguire passivamente le richieste della committenza, Scarpa si poneva nei confronti del lavoro con una dedizione personale, maniacale, totale. Un'etica professionale e di vita, la sola risposta alle proprie esigenze di uomo, il solo modo per dare senso alle domande fondamentali dell'esistenza.
Ma anche uomo di cantiere
Soltanto dopo aver scavato attraverso il disegno e aver trovato per sé le risposte ai dubbi, alle domande, alle sfide poste da un progetto, si dedicava alle relazioni: con i propri clienti, con gli artigiani e con tutti coloro che erano coinvolti nei suoi cantieri, riscattando così le lunghe giornate di solitudine al tavolo da disegno e facendo emergere il lato socievole, umano e tenero del suo carattere.
Disegnatore di talento
Scarpa possedeva il talento naturale di saper maneggiare tutti gli strumenti che caratterizzano il mestiere di architetto: il disegno, le tecniche della rappresentazione, l'ordine delle necessità, l'uso del colore, la conoscenza profonda della materia. Ogni cosa che partecipa al progetto e alla sua messa in pratica non aveva segreti per lui.
Il percorso del pensiero creativo si rintraccia per intero e con chiarezza nel corpus dei disegni: una miriade di schizzi, dettagli e appunti che delineano il suo particolare codice linguistico e di pensiero. Il disegno è vissuto come riflessione, utilizzato come unico approccio al lavoro creativo: «Non si può pensare all'architettura se non con una matita in mano».
Nasce come product designer
Il lungo tirocinio passato nelle fabbriche di Murano a costruire oggetti in vetro, pensati, disegnati e realizzati in un processo senza soluzione di continuità, gli hanno permesso di mettere a punto un metodo infallibile per affrontare l'impegno del progetto. In occasione dei primi incarichi di allestimenti di mostre e nei successivi e più impegnativi progetti non dovrà far altro che ripetere, perfezionando quanto imparato dalla pazienza del lavoro artigianale.
Una capacità visionaria
Scarpa ripeteva spesso, soprattutto ai propri studenti, che il suo obiettivo e la sua ricerca erano vedere le cose come se fossero già costruite, come se fossero già fatte. Egli riusciva, insomma, a vedere oggetti ed edifici come già perfettamente costruiti già in fase progettuale. La realizzazione era, quindi, facilitata dal fatto di essere solamente l'evento finale e logico dell'intero processo creativo. Il progetto è quindi da subito forma architettonica perché già sviluppata con la materia di cui sarà fatto l'edificio.
Scarpa ed i musei
Forse il campo più specifico in cui si esplicita la sua ricerca è quello del restauro architettonico di palazzi storici destinati ad accogliere musei. La conoscenza dell'edificio non è semplice rilievo, meccanica riproduzione dell'esistente. La restituzione grafica dell'esistente possiede colori, tratteggi, caratteri, preferenze che sono già riflessioni sul progetto che verrà. A partire da una visione del contesto più ampia, concepisce l'edificio come composizione di forme e spazi dinamici pronti ad accogliere le opere d'arte in quanto forme concrete e vibranti, in grado di configurare in maniera completamente nuova l'iniziale staticità degli spazi esistenti. Citiamo Castelvecchio a Verona, Palazzo Abatellis a Palermo, la Fondazione Querini Stampalia a Venezia, l'ingresso del Museo dell'Accademia, sempre a Venezia, la Gipsoteca Antonio Canova a Possagno, la tomba Brion a San Vito d'Altivole o il Padiglione del Venezuela alla Biennale di Venezia...
Un progetto è ben fatto se è equilibrato
La lezione dei suoi lavori è una lezione di generale equilibrio tra le parti che costruiscono il tema progettuale: l'uso della luce, la scelta dei materiali, la posizione dei muri, i dislivelli nelle pavimentazioni, lo studio della relazione tra gli spazi, il rapporto tra i volumi e la forma costruita.
Per ogni aspetto è presente una ricchezza di varianti e interpretazioni, studiate e riviste con attenzione fino a portare alla completezza della proposta progettuale definitiva. Di fronte a questo modo di lavorare e ai risultati ottenuti non possiamo rimanere indifferenti; l'architetto, anche a distanza di anni, ci chiama a prendere una posizione che sia a favore o contro quanto pensato e realizzato.
Progettare è ideare spazi ma anche sposare materie
Non lascia indifferenti neanche lo sguardo emozionato che Scarpa aveva per la materia, per tutto ciò che la natura offre, il legno, la pietra, i metalli, l'acqua. Per lui ogni cosa è materia della natura, materia della terra; in essa Scarpa si immedesima e con sensibilità e amore trasforma la materia grezza in materia viva, in oggetti e dettagli poetici. Una lastra di travertino non è solo un comune pezzo di pietra, è un elemento naturale che lo lega alla terra e quindi alla sua natura di uomo. La capacità di mettersi in relazione con la materia, la dichiarata passione e il profondo rispetto per la natura dei materiali è perché di essi venga fatto un uso appropriato, dignitoso, giusto: questo è il suo lascito, l'esempio per le presenti e future generazioni di architetti.