Nella nostra ferramenta di Gambellara, vicinissima al casello di Montebello Vicentino, abbiamo una serie di elementi di fissaggio tra cui viti, bulloni, rondelle... in questo articolo vediamo a che cosa servono i vari elementi.
Viti e bulloni
Sono molti i pezzi meccanici (o organi meccanici) che, per poter assolvere i compiti cui sono destinati, devono essere combinati in gruppi e questo può avvenire solo mediante opportuni collegamenti. I collegamenti possono essere smontabili oppure fissi.
Collegamenti smontabili e fissi
I collegamenti smontabili consentono di separare agevolmente e senza danneggiamenti due o più pezzi che sono stati precedentemente accoppiatin mediante viti e bulloni, perni, spine, chiavette, linguette o profili scanalati.
I collegamenti fissi, invece, non permettono la separazione dei pezzi accoppiati a meno di non danneggiare o rompere le zone di giunzione che vengono effettuate mediante saldature, accoppiamenti forzati, chiodature, incollaggi.
Filettature
Una filettatura è costituita da un risalto (filetto) che si avvolge ad elica sulla superficie esterna di un elemento cilindrico o conico (vite) che può essere abbinato allo stesso risalto inciso sulla superficie interna di un elemento analogo (madrevite).
Vite e madrevite costituiscono un accoppiamento.
Le parti piene della vite si inseriscono nelle parti vuote della madrevite mediante la rotazione di uno dei due elementi. La rotazione relativa dei due elementi provoca uno scorrimento assiale relativo degli stessi.
Gli elementi di una filettatura
Gli elementi che caratterizzano una filettatura sono: la forma del profilo, il passo, il numero dei filetti, l’avanzamento, il diametro nominale, il senso di avvitamento.
Le filettaature di collegamento realizzano unioni staabili tra due o più elementi sfruttando l'attrito tra vite e madrevite che rende stabile (ma smontabile) il legame.
La vite
La vite è un elemento costruttivo meccanico costituito da un gambo cilindrico, filettato in tutto o in parte, recante ad un’estremità un ingrossamento detto testa.
Oltre al gambo ed alla testa va considerato il terzo elemento che costituisce una vite e che è l'estremità.
Dalla combinazione delle diverse forme possibili per questi tre elementi nascono numerosi tipi di viti.
La testa
La testa può assumere differenti forme al fine di consentire l'applicazione di vari attrezzi mediante i quali si possa far ruotare la vite, impegnandola in una madrevite che può essere ricavata nel pezzo da collegare o in uno specifico organo di collegamento, il dado, costituito essenzialmente da un prisma esagonale o quadrato con un foro filettato centrale.
Le teste di viti di piccole dimensioni in genere presentano un intaglio per l’inserimento della punte del cacciavite, e possono essere cilindriche, coniche, a calotta e lenticolari o bombate; per maggiori dimensioni, che richiedono un’azione di serraggio notevole, le teste devono consentire l’uso di una chiave, e sono perciò di forma esagonale o quadrata, oppure presentano un incavo, per lo più esagonale, dove poter inserire una chiave a brugola.
Il gambo
I gambi cilindrici avranno diametri e lunghezze proporzionati e corrispondenti alle filettature unificate.
Le estremità
Le estremità piane ed arrotondate sono comunemente usate nelle viti per collegamento: possono anche essere utilizzate in viti di pressione, in genere contro superfici piane. Per le viti di pressione sono previste estremità in grado di concentrare lo sforzo assiale su superfici ristrette, come le estremità a coppa o coniche: per queste ultime si può prevedere sulla superficie d’appoggio, specie se curva, un’opportuna sede di posizionamento
Il bullone
Nell'immagine qui sopra si vede un collegamento di vite e dado. L'insieme di vite e dado è detto "bullone".
Il collegamento tramite bullone consiste nel comprimere i pezzi da collegare tra la testa della vita ed il dado, di conseguenza la vite attraversa i pezzi.
La vite mordente
Il collegamento mediante vite mordente funziona grazie alla forza di compressione esercitata dalla testa della vite e dalla superficie dell'ultimo elemento in cui è ricavata la madrevite, come si vede nell'immagine qui di seguito.
La vite a pressione
Come si vede nell'immagine che segue lo spostamento dei pezzi è impedito dalla presenza di una vite che esercita una pressione dall'estremità. La compressione della vite da il nome di "vite di pressione" a questo sistema. L'estremità deve in genere avere una forma che faciliti l'azione di spinta.
Misure delle viti
l rapporto tra diametro e lunghezza del gambo della vite deve essere tale da consentire un’adeguata deformabilità longitudinale con una buona elasticità, in grado di assorbire gran parte delle vibrazioni che potrebbero allentare il collegamento.
I valori possibili generalmente vanno da 1 / 5 fino ad 1 / 8.
Il raggio di raccordo tra gambo e testa deve essere sufficiente per evitare concentrazioni di sforzo localizzate in tale zona e deve essere di conseguenza opportunamente svasato l’imbocco del foro. Le dimensioni del gambo devono possibilmente assicurare, a collegamento effettuato, l’uscita di almeno due filetti oltre il dado.
È anche opportuno che la parte filettata non si arresti nella zona di separazione fra i pezzi collegati.
La rosetta o rondella
Per migliorare l’appoggio tra pezzo da collegare e dado ( ma spesso anche sotto la testa) si usa un altro elemento, la rosetta costituita da un sottile dischetto forato.
Anche le rosette presentano numerose varianti costruttive.
La vite a brugola
La testa della vite che presentano un incavo esagonale entro il quale si può inserire una chiave, vengono dette "viti a brugola" da nome del costruttore che le ha proposte. Il vantaggio di queste viti sta nel poter essere manovrate in spazi ridotti e di evitare la sporgenza della testa dal piano di avvitamento.
Vite senza testa o grani e prigioniere
La mancanza della testa in una vite consente la scomparsa della vite nei fori e potrà essere consentita nel caso delle viti di pressione.
Le viti di questo tipo vengono comunemente chiamate "grani".
Senza testa sono anche le cosiddette viti prigioniere o prigionieri, cilindri filettati da entrambe le parti, una delle quali (radice) viene avvitata a fondo, con leggero forzamento, in un foro, mentre l’altra (gambo), rimanendo sporgente, consentirà il collegamento con l’uso di un dado di serraggio.
Tale collegamento si rende necessario quando il materiale in cui è ricavato il foro non sopporta frequenti svitamenti, non garantendo sufficiente resistenza dei filetti (ghisa, leghe leggere, ecc); per lo stesso motivo l’avvitamento della radice può essere effettuato con passo grosso, mentre il serraggio sul gambo può avvenire con passo fine.
L'impiego di prigionieri può anche essere motivato da esigenze di disegno (accessibilità, spazio, ecc.) e non sia possibile, a causa dello spessore del pezzo, effettuare fori passanti. Non si confondano le viti prigioniere con i tiranti: anche in questi si ha un corpo cilindrico filettato ad entrambe le estremità, talvolta con inclinazione dell’elica opposta (in questo caso la rotazione del tirante provoca l’avvicinamento o l’allontanamento reciproco delle estremità).
Viti autofilettanti
Fra le viti particolari vanno ancora ricordate le autofilettanti, il cui filetto è in grado di costruirsi la madrevite facendosi strada in un foro liscio di preparazione; non è previsto l’uso di dadi e la vite è accessibile solo dalla parte della testa, ed è in genere utilizzata nell’accoppiamento di lamierini o in materiali teneri come leghe leggere e materie plastiche. La madrevite può essere realizzata per deformazione (viti autoformanti) ma anche per asportazione di materiale.
Viti per legno
Un particolare campo di applicazione hanno le viti per il legno: queste viti sono generalmente costruite in acciaio dolce (spesso zincato o nichelato) o in ottone ed il collegamento dovrebbe essere effettuato con un foro passante ed un foro di inserzione, di diametro inferiore a quello di riferimento.
I dadi
I dadi sono elementi filettati maschio costituiti, nella loro forma più semplice, da un prisma a base esagonale (o quadrata) e da un foro filettato centrale.
Esistono tuttavia forma più complesse, come i dadi esagonali ciechi, i dadi zigrinati, i dadi a corna ed i dadi ad alette o per chiavi speciali (di sicurezza). Un dado viene utilizzato in meccanica per serrare una vite filettata. Insieme alla vite, il dado è concepito per mantenere degli oggetti uniti per mezzo di un foro.
Può essere definito, il dado, come un elemento con foro assiale filettato, con dispositivo di trascinamento destinato ad essere avvitato su di una vite o di un prigioniero, per realizzare un collegamento a pressione.
Tipi di dadi
- I più comuni sono i dadi esagonali;
- i dadi alti vengono usati in casi eccezionali
- i dadi bassi per sforzi limitati e ingombri ridotti.
- i dadi quadri, usati in genere in costruzioni pesanti presentano un minore rischio di arrotondamento degli spigoli, che può verificarsi quando vi siano numerosi cicli di avvitamento e svitamento
- i dadi ciechi proteggono le estremità sporgenti delle viti e talvolta rispondono ad esigenze estetiche.
- i dadi cilindrici di dimensioni diametrali molto ampie rispetto alla lunghezza assiale vengono chiamati ghiere
Le rondelle
Le rosette, chiamate più comunemente qui a Vicenza e Verona "rondelle", sono dischetti piatti forati posti tra il dado ed il pezzo da serrare, allo scopo di aumentare la superficie di appoggio, proteggere il materiale in caso di frequenti svitamenti ed in particolari casi svolgere funzioni di tenuta e di bloccaggio.
Nel caso di contorno quadrato o rettangolare si pala di piastrine. Altre forme particolari di rosette si trovano nelle attrezzature per macchine utensili. Molto usate le rosette aperte, asportabili o girevoli, che consentono smontaggi di pezzi senza dover svitare completamente i dadi. Esistono anche rosette per perni, che hanno diametri interni con lo stesso valore nominale dei perni con cui si accoppiano.